Tra il limite e il miracolo

Andrea Lissoni / Flashart n. 279 (december/january 2010)

Tra il limite e il miracolo

Andrea Lissoni / Flashart n. 279 (december/january 2010)

Credo che 194.9 MHz (2006) sia ancora l’opera più fertile per provare a tracciare il campo d’azione della ricerca di Francesca Grilli. Le prime quattro inquadrature del video indicano lo spazio e le regole del gioco, la quinta i suoi protagonisti. Il luogo degli eventi è di norma uno spazio performativo in cui misure, proporzioni e numeri non sono subito chiari o distinguibili. Gli interpreti sono corpi e figure della comunicazione. In 194.9 MHz le prime immagini sono di brani di paesaggio. Il cielo è scuro e coperto di nuvole e non ci sono altri riferimenti oltre alle rocce e ai pendii erbosi. Nessuna presenza umana, ci troviamo in una strana landa che potrebbe essere desertica quanto collinare, come fossero frammenti da La région centrale (1970) di Michael Snow. Ed ecco la quinta inquadratura, che precisa i protagonisti: l’artista stessa e un’antenna, direttamente sulle sue spalle. Anzi, un’antenna e il corpo dell’artista.

Le proporzioni però intanto non si chiariscono. Come in Picnic ad Hanging Rock (Peter Weir, 1975) l’atmosfera è tesa e il rapporto fra figura umana e paesaggio – sia psicologico sia di dimensioni – mai davvero evidente fino in fondo. Si manifesta il suono: prima una musica e poi una voce maschile fuori campo, che man mano si fa cantilenante, sovrapponendosi e ripetendosi, anche se mai uguale a se stessa. Il video prosegue e, incalzato dalla tensione narrativa costruita dalla musica, si conclude quando l’artista, dopo un’ascesa sotto un cielo sempre più cupo e incombente, raggiunge una vetta. E con gesto ben noto ma non retorico, vi pianta l’antenna.

Francesca Grilli lavora sulla comunicazione umana e le sue forme. Che sia evocata visivamente attraverso la Lingua Italiana dei Segni (il linguaggio gestuale adottato dalla comunità dei sordomuti) nelle performance La seconda e La terza Conversazione (2008), o come voice over, nei video 194.9 MHz e Gordon (2007) la questione è piuttosto evidente.

So che non è esattamente il modo migliore per cominciare, ma cosa ne pensi?

Direi che mi piace instaurare rapporti d’alleanza. Mi interessano le persone, le loro storie, non gli individui , ma le relazioni tra persone. Tra il visibile e l’ultraterreno. Tra il limite e il miracolo.

La voglia di far comunicare, di mettere insieme, è forte, prepotente, ma evanescente.

Risponde a un bisogno. 194.9 MHz segna il momento di un grande cambiamento personale, ma anche di presa di coscienza del mio linguaggio. Da lì in poi, il racconto, la narrazione diventa un elemento fondamentale nei miei video; La complessità della storia è associata ad un atto simbolico e rituale. Inizialmente non correlate, l’azione e il racconto audio, culminano entrambi in un punto di connessione che coincide con la fine del video.

Come descriveresti la tua ultima opera?

Moth è una performance. E’ un lavoro sulla luce. Volevo creare lo stesso stupore e meraviglia che i giochi di magia e illusionismo producevano all’inizio del secolo scorso. La dimensione magica ed esoterica ha grande spazio e persino l’uso della tecnologia diventa incantesimo e meraviglia. Cercavo qualcuno che avesse un’esperienza forte, diretta, fisica con la luce. Qualcuno la cui vita fosse imprescindibile da essa, una falena che si ammacca la ali contro una lampada. Così ho invitato una cantante albina a prendere parte alla performance, dandole però il controllo totale sulla luce. Lei canta in una stanza buia con davanti a se a un tubo metallico attraversato da un gas infuocato attraverso con la voce, modula e visualizza le onde sonore.

Moth mischia la stregoneria con l’esperimento scientifico, la fisica pura con l’illusionismo, la rivalsa con l’evocazione. Il mio desiderio è ancora far assistere al miracolo.

La mia sensazione è che le tue opere trasudino umori e tensioni biografiche personali immerse in un clima enigmatico e sospeso. Il punto è però che quegli stessi umori e il clima enigmatico finiscono poi per scivolare sensualmente verso il pubblico…

Non so,… se intendi la sensualità come seduzione, credo che non sia un elemento essenziale. Credo però che desiderio e segreto siano due elementi che voglio trasmettere al pubblico. Nella performance La terza conversazione, invito un cantante sordo ad interpretare una vibrazione sonora. Lui canta usando la lingua dei segni. Poco importa se lo spettatore capisce cosa lui stia dicendo. Il punto è il segreto. L’azione e lo spazio diventano coordinate silenziose per decifrare, anche parzialmente, quello che sta accadendo.

Come nella migliore tradizione ESP, stiamo parlando di porte e di fessure percettive,… Direi che nella performance Arriverà e ci coglierà di sorpresa (2006/07) – due settantacinquenni che ballano per tre ore in un ambiente spalancato e quindi letteralmente “proiettato” sull’immagine di un dancing vuoto –la questione è chiaramente rappresentata.

È vero anche però che le performance hanno un impatto diretto, immediato e più lineare. Sono finestre che si aprono su mondi più o meno privati e permettono di sbirciare segreti, misteri, doni dall’alto e momenti. Arriverà e ci coglierà di sorpresa mette in scena un tentativo di esorcizzare il tempo e con esso la morte, accostando così due differenti condizioni: il decadimento fisico che si contrappone alla passione. Mi ha sempre affascinato il ruolo socialmente riconosciuto che veniva affidato in alcune comunità, a determinate persone privilegiate, di poter dialogare con l’aldilà.

E quali sono stati i tuoi riferimenti?

Il soprannaturale e il bestiale de La Bête di Walerian Borowczyk. Elephant man di David Lynch. Watership down di Martin Rosen. L’apparizione e la trasposizione in Persona di Ingmar Bergman. Il rito nei documentari anni ’50 di Vittorio De Seta e l’opera di Maya Deren. Gioia e rivoluzione nelle fotografie di Luigi Ghirri. Il folk e l’architettura vocale di Demetrio Stratos.

Che mi consente di chiederti alla fine di come tratti il suono, che mi pare un elemento essenziale nella tua ricerca…

Il suono ha sempre a che fare con il tempo. Il suono per me è un veicolo che con velocità diverse di opera in opera, conduce lo spettatore ad una forma di comprensione possibile del lavoro. Se consideriamo il tempo come una ninna nanna, o il suono delle onde radio, o una voce off, è sempre una questione di spazio temporale e di movimento verso un messaggio. Nella mia ricerca il suono ha preso la forma della narrazione orale, è diventato muto, si è persino trasformato in elemento magico e mi anche ha fatto ballare. Ma non considero un’unica forma musicale come il mio linguaggio. Il suono è una presenza importante, ma è multiforme. Va dalla cultura pop, alla più raffinata ricerca sperimentale. Può essere di scarsa qualità o sopraffino. Mi sono sia avvalsa della collaborazione di musicisti, sia ho affrontato direttamente la parte sonora. Personalmente credo che sia il mio strumento per comunicare direttamente con l’inconscio.

(Andrea Lissoni, Flashart n 279, dicembre/gennaio 2010)

ENG – Between the limit and the miracle

I believe that 194.9 MHz (2006) is still the most fruitful of Francesca Grilli’s films to reference when analyzing the field of action in her work. The first four shots of the video show the space and the rules of the game. The fifth, its characters. The location of events is usually a performance space where sizes, proportions and numbers are never immediately clear. The interpreters are bodies and figures of the communication. The first images in 194.9 MHz are of landscapes. The sky is dark and overcast and there are no other references except rocks and grassy slopes. There is no human presence. We find ourselves in a strange land that could as easily be desert as hills as if they were fragments from The Central Region (1970) by Michael Snow. And then comes the fifth shot, which introduces the main characters: the artist herself and an antenna perched on her shoulders. Or, an antenna and the body of the artist.

The proportions, however, do not become clear. As in Picnic at Hanging Rock (Peter Weir, 1975), the atmosphere is tense and the relationship between the human figure and landscape – both psychologically and dimensionally – is never really evident until the very end. The sound manifests: at first just music and then a sing-song male voice-over, overlapping and repeating itself, though never the same. The video continues, and shadowed by the narrative tension of the music, ends when the artist, after rising into a dark and looming sky, reaches a peak . And with a clear and final but not rhetorical gesture, the antenna is planted .

Francesca Grilli works with human communication and its forms. Whether visually evoked by using Italian Sign Language (sign language adopted by the deaf community) as in the performance in The Second and The Third Conversation (2008), or through a voice over such as in the videos 194.9 MHz and Gordon (2007), the theme is highly evident.

I know that’s not exactly the best way to start, but what do you think?

I would say that I like to establish relationships of alliance. I’m interested in people, their stories, not individuals, but the relationships between people. Between the visible and the afterlife. Between the limit and the miracle.

The desire to communicate, to put together, is strong, overbearing but evanescent.

It responds to a need. 194.9 MHz signifies a moment of great personal change, but it also captures an awareness in my language. From then on, the story, the narrative, becomes an important element in my video, The complexity of the story is associated with a symbolic and ritualistic act. Initially unrelated, the action and the narrative audio, both culminate in a connecting point which coincides with the end of the video.

How would you describe your latest work?

Moth is a performance. It’s a work on light. I wanted to create the same awe and wonder that magic tricks and illusions produced early last century. The world of magic and the esoteric is a great arena and even the use of technology can become magical and wonderful. I was looking for someone who had experience that was broad, direct, physical with the light. Someone whose life was essential to it, a moth that pounds its wings against a lamp. So I invited an albino singer to take part in the performance, but giving her total control over the light. She sings in a dark room with a metal tube in front of her through which there is burning gas flame which she sings through, modulating and visualizing the sound waves.

Moth mixes sorcery with the scientific experiment, pure physics with illusion, revenge with the evocation. My desire is always to create miracles..

My feeling is that your works exude personal biographical moods and tensions immersed in an enigmatic and poised atmosphere. The point is, however, that these same moods and enigmatic feelings ooze sensually towards your audience…

I don’t know … if you mean sensuality like seduction, I don’t believe it is essential. But I do believe that desire and secrecy are the two things I want to convey to the public. In the performance in The Third Conversation, I ask a deaf singer to interpret a sound vibration. He sings using sign language. It doesn’t matter whether the viewer understands what he is saying. The point is the secret. The action and the space become silent coordinates to decipher, even partially, what is happening.

Like in the best traditions of ESP, we’re talking about the doors of perceptions… I must say that the performance It Will Come and Take Us By Surprise (2006/07) – with two seventy-five year olds dancing for three hours in the wide open, and then literally projected on an image of a dancing emptiness, the question is clearly represented.

It is also true, however, that the performances have a direct, immediate, and more linear impact. They are windows that open up more or less private worlds and allow you to peek at secrets, mysteries, little moments and gifts from heaven . It Will Come and Take Us By Surprise depicts an attempt to exorcise time and with it death, thus bringing two different conditions alongside: contrasting physical decay with passion. I’ve always been fascinated by the ability to communicate with the afterlife, a role entrusted to certain privileged people which was socially accepted in some communities;.

And what were your references?

The supernatural and the beast from La Bête by Walerian Borowcyz. The Elephant Man by David Lynch. Watership Down by Martin Rosen. The apparition and transposition in Ingmar Bergman’s Persona. The 1950’s documentary tradition of Vittorio De Seta and the work of Maya Deren. Joy and revolution in the photographs of Luigi Ghirri. The folk music and vocal architecture of Demetrio Stratos.

Which in conclusion, allows me to ask you about your treatment of the sound, which seems to be an essential element in your research…

The sound always deals with time. For me sound is a vehicle with a speed that differs from work to work, that takes the viewer to a possible comprehensible level of the work. If we consider time like a lullaby, or the sound of radio waves, or a voiceover, it is always a matter of temporal space and movement towards a message. In my research, the sound has taken the form of oral storytelling, it has become mute, it has even been transformed into a magical element and has actually made me dance. But I do not consider one musical form as my language. The sound is a major presence, but is multifaceted. Ranging from pop culture to more refined experimental research. It may be of poor quality or first-rate. I have both collaborated with musicians and dealt with the sound directly myself. Personally I think it’s my way of communicating directly with the unconscious.

(Andrea Lissoni, Flash Art n. 279, december/january 2010)

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